Oltre la tragedia del comunismo reale, la riscoperta del grande filosofo
Qualche tempo fa, la rete radiofonica della Bbc, Radio 4, nella rubrica «In our time» aveva promosso un’iniziativa davvero singolare. Si chiedeva agli ascoltatori di indicare «il più grande filosofo della storia», fra una lista di 20 autori. L’esito finale del sondaggio, proseguito per alcune settimane con una risonanza crescente e con alcuni significativi riflessi nei grandi media, appare per molti aspetti sorprendente. In questa insolita classifica, infatti, è risultato largamente vincitore Karl Marx (con quasi il 30% dei voti), seguito a notevole distanza da Hume (12,67%), Wittgenstein (6,80%), Nietzsche (6,49%), Platone (5,65%) e Kant (5,61%).
Nelle ultime posizioni, Epicuro, Hobbes e Heidegger, votati con percentuali pressoché irrilevanti. A ridosso dei primi, anche se irrimediabilmente tagliati fuori dalla «zona podio», san Tommaso e Socrate, seguiti da Aristotele e da Popper, i quali raggranellano rispettivamente il 4,52% e il 4,20%. Ma prima di esprimere qualche valutazione in margine a una iniziativa per molti versi stravagante, può essere istruttivo, oltre che talora anche divertente, andare a spulciare nel repertorio delle risposte fornite, oltre che delle motivazioni che accompagnano le diverse nomination.
Trascurando le indicazioni più scontate, riguardanti pensatori comunque noti e più volte votati, colpisce anzitutto l’insistenza con la quale emergono i nomi di filosofi orientali – gli indiani Ghandi, Patanjali e Nagarjuna, i cinesi Lao-Tzu e Confucio, il persiano El Ghazali, proposti in esplicita polemica con l’impostazione «eurocentrica» dominante nella lista dei 20 nomi proposti.
Merita di essere sottolineata, in questo contesto, la motivazione addotta per la scelta di Averroè, grande esponente dell’aristotelismo arabo, fautore del dialogo interculturale e della tolleranza contro ogni forma di fanatismo, a proposito del quale si dice che «abbiamo bisogno di ricordare quest’uomo oggi più che mai». Una seconda annotazione riguarda la filosofia italiana, che risulterebbe del tutto assente, se non fossero avanzate le candidature di due grandi autori, i quali non rientrano tuttavia fra i filosofi in senso stretto, quali sono Dante e Machiavelli.
Tipicamente britannico il senso dell’umorismo che ha ispirato, fra le altre, le nomination di Guglielmo di Occam («Per il suo celebre rasoio. Ah, se solo la gente si ricordasse di usarlo di più!») e di Montaigne («Perché mi fa ridere e perché non è nella lista dei 20 che lo farebbe ridere!»). Più corrosive, al limite della provocazione, altre proposte: quella relativa a Kermit the Frog («almeno i suoi epigrammi ci fanno ridere»), o quella che vorrebbe incoronare come maggiore filosofo della storia il calciatore Éric Cantona, noto per le sue intemperanze violente dentro e fuori i campi da football, e più recentemente per la sua performance come attore cinematografico.
Infine, non prive di arguzia, e perfino di una sottile verità, alcune proposte «estremistiche», per certi versi coincidenti, quali quella che indica «nessuno» quale maggior filosofo della storia («Perché ha ragione il poeta giapponese Basho quando ammonisce a non cercare i saggi del passato, ma a cercare piuttosto ciò che essi hanno cercato»), o quella che nomina se stesso, perché «non si deve credere ai filosofi più di quanto si debba credere ai politici o a qualunque altro, in quanto ciascuno dovrebbe essere per se stesso il proprio filosofo favorito».
Nel complesso, il sondaggio promosso dalla Bbc può essere giudicato semplicemente come un giochinobizzarro ma innocuo, derivato principalmente dalla tendenza a inventare nuove forme di intrattenimento. D’altra parte, da questa competizione emergono anche alcuni elementi un po’ più seri, che meritano qualche riflessione. Anzitutto stupisce, e per certi versi perfino allarma, il fatto che un quotidiano austero e prestigioso, quale l’«Economist», nelle ultime settimane del sondaggio abbia svolto una campagna fra i suoi lettori, affinché fosse votato Hume, al solo scopo – esplicitamente dichiarato – di evitare l’incoronazione di Marx quale maggior filosofo.
Segno evidente della persistenza di paure e pregiudizi tutt’altro che superati, in un Paese, e in un giornale, che pure dovrebbero essere perfettamente in grado di distinguere fra l’opera di un filosofo (certamente fra i più grandi, comunque la si pensi) e la tragedia del comunismo realizzato. Senza altresì avvedersi che, in una società dello spettacolo e della comunicazione quale è la nostra, un intervento a gamba tesa di questo genere non poteva che generare un effetto controproducente.
In secondo luogo, i risultati del sondaggio dimostrano che, almeno in un pubblico eterogeneo e indifferenziato quale è quello presumibilmente coinvolto nella consultazione, la figura del filosofo è ancora largamente associata a quella di alcuni grandi autori del passato, mentre stentano a emergere i protagonisti del pensiero del Novecento. A ciò si aggiunga che, a eccezione di Wittgenstein, non vi è traccia fra i più votati di una particolare inclinazione per i filosofi di orientamento analitico. A dispetto di ciò che, viceversa, si è soliti ripetere, quando si indicano nei Paesi di lingua inglese le roccaforti della tendenza abitualmente contrapposta alla filosofia continentale.
Insomma, per quanto possa apparire sorprendente:uno spettro ancora si aggira per l’Europa, nelle sembianze di un uomo con una folta capigliatura e una barba scurissima.
Umberto Curi