Medicina Naturale nga Dr. Zef Mulaj

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MEDICINA NATURALE

GLI ANTIOSSIDANT NATURALI

Gli antiossidanti naturali, prodotti dall’organismo e presenti negli alimenti, sono
molto importanti per combattere tutti i problemi provocati da un eccesso di radicali liberi Gli antiossidanti, definiti in chimica agenti riducenti, riescon o a prevenire, o quanto meno a rallentare le reazioni di ossidazione da cui vengono liberati i radicali liberi che a loro volta innescono processi altamente dannosi per le cellule.

Gli antiosidanti possono essere distinti in due macrocadegorie antiosidanti endogeni,ovvero sintetizzati diretamente dall’organismo, e di cui fanno parte enzimi come la superossidodissmutasi e la catalasi, ed e i carotenoidi. Tra le cause che possono contribuire all’insorgere dei radicali liberi troviamo un alimentazione scorretta o sregolata, in particolare se ricca di grassi animali o oli vegetali, intoleranze alimentari, consumo eccessivo di alcool, il fumo,l’esposizione ai raggi solari senza protezione,la cattive abitudini di vita.

L’Università di Boston ha condotto uno studio per stabilire il potere antiossidante dei vari alimenti. Il potere antiosidante è stato misurato secondo una scala, l’ORAC,secondo la quale a valori più alti(maggiori unità) corrispondono maggiori poteri antiosidanti.
Esempio: Pomodori 1=116 unità
Mirtilli 1tazza=3480 unità
Spinaci cotti 1tazza =2042 unità
pompelmo rosa 1=1188 unità

880 Piante Medicinali sulle Alpi dell’ Albania

Prefazione e Presentazione

Il Dr. Zef Mulaj, esperto internazionale di piante medicinali, presenta uno studio su 880 piante medicinali caratteristiche della zona alpina dell’Albania.
Si tratta di una raccolta unica nel suo genere che racchiude il lavoro di una vita quale primo interesse da giovane poi via via sviluppato al più alto livello scientifico come mai nella mia lunga carriera di Farmacologo, interessato alla etnobotanica, mi era capitato di osservare.

Le specie studiate e descritte nell’opera sono degne del più grande interesse da parte della comunità non solo farmaceutica ma anche scientifica per l’enorme interesse che, alla luce dei più recenti sviluppi che l’uso delle piante medicinali ha assunto ai nostri giorni, ne forgia l’importanza.

Negli anni 1990 uno studio considerato di importanza nazionale ha attestato la rilevanza delle ricerche effettuate dal Dr Mulaj sulla flora di interesse medico del distretto di Tropoja. Con queste credenziali approda nel nostro Paese dove raggiunge l’apice della sua carriera quale studioso nella prestigiosa Facoltà di Farmacia di Camerino.

Il lavoro oggetto del Dr Mulaj si completa con l’ampia relazione sulle piante medicinali illustrata nella sua tesi con il relatore Prof. a Bice Bellomaria.
E’ con orgoglio e stima profonda che considero l’opera del Dr Mulaj e lo stesso attore degna della più ampia considerazione in campo terapeutico etnobotanico per gli alti contenuti e per la considerazione ricevuta a livello dei media internazionali.

Caratteristica peculiare è la differenziazione dell’area di crescita e sviluppo delle varie piante medicinali differenziate per altitudine di sviluppo e crescita, suddivise in aree ben caratterizzate e disposte a diversi livelli dalle aree più collinari fino alle cime più alte della zona montuosa dell’Albania.

Questo studio sviluppa in un modo originale la derivazione farmacologica in base ai principi attivi suddivisi per area di crescita delineando le piante a seconda di fasce che le suddividono a seconda del principio attivo più rappresentato nella zona di massimo sviluppo, ad esempio la piante alcaloidi a una certa altitudine statisticamente determinata e differenziata.

La distribuzione statistica dei principi attivi in base all’altitudine di crescita e sviluppo rappresenta il primo e unico esempio di studio delle sostanze botaniche di interesse medico.

Lo studio comprende anche una relazione sulla fitochimica e il suo ruolo nelle Alpi dell’Albania oltre al suo impiego nella Medicina tradizionale e popolare con il più alto livello scientifico di interpretazione per l’uso ufficiale e la considerazione nella Farmacopea internazionale.

La collaborazione con il Dr Mulaj presso il nostro Istituto Scientifico ci ha permesso inoltre di valutare, oltre alla grande esperienza nel campo specifico, le sua alte doti umanitarie e la sua profonda conoscenza delle tecniche di farmacologia e farmacognosia.

Prof. Lamberto Re, Medico Chirurgo e Docente di Farmacologia presso Università Politecnica delle Marche, esperto internazionale di Farmacologia Etnobotanica e Medicina Naturale.

La natura

Citando le antiche parole Paracelso (1493-1541).

“Tutti prati e i pascoli, tutte le montagnie e le coline sono farmacie”
Hanno mantenuto anche nel nostro tempo il loro significato.

DARWIN                               SERTÜRNER               Strutura of Morphine


Nel 1817 pubblicò la sua celebre opera: Über das Morphium, eine neue salzfähige Grundlage und die Mekonsäure, als Hauptbestandteile des Opiums (SERTÜNER)


ALPI DELL’ALBANIA

Nella natura selvaggia sta la salvezza del mondo” (“Walking”, 1851)


Una cura naturale viene considerata la terapia massima e sublime di qualsiasi male. E’ un’idea antica, tornata sempre in auge, pure nei momenti di eccessivo progressismo. “Cambiare aria”, respirare a pieni polmoni in montagna, riposare al mare crogiolandosi al sole, esporsi alla salubrità della campagna, sono certo le migliori medicine, sicuramente prive di effetti collaterali.

“La campagna con i suoi panorami dolci e variati, – afferma con convinzione Michel Foucault – riesce a distogliere i melanconici dalla loro ossessione maniacale, portandoli via dai luoghi che potrebbero far rinascere memoria della sofferenz Già la semplice esposizione agli elementi potrebbe da sola esorcizzare la depressione.

Ilcontatto con la brezza tra gli alberi e la sfera creativa costituisce un buon inizio, poi lo sforzo dev’essere quello di passare da un paesaggio ad un altro, da un panorama reale ad un’immagine mutevole. Ma, ad allontanarsi troppo dalla mondanità, si rischia di sentirsi esclusi, oppure un senso di colpa o di vergogna per non profondersi in un impegno e quindi sprecare le forze. Si potrebbe però non evadere, bensì rientrare in comunione con la natura e con se stessi, senza trascurare lo spazio da dedicare alla fantasia.

Jonathan Bate sostiene che: “il poeta deve avere la capacità di restituirci alla Terra che è la nostra casa”, pur essendo consapevole che “il prezzo di questa passione estrema per l’anima delle cose è la dipartita dalla comunità degli uomini. Il panteismo scaccia la filantropia, la comunione con la Natura prende il posto della socievolezza”. Eppure in qualche modo bisogna risolvere la conflittualità prodotta dalla separazione tra ragione ed empatia, rattoppandola magari con una riflessione che coinvolga contemporaneamente capacità di pensare, modalità di sentire, comunicazione ed espressione creativa

Mabey in “Natura come cura” – Sto diventando crepuscolare, un convertito alla religione del tramonto. La primavera scorsa, ancora invischiato nell’umore nero ed insicuro sul da farsi, vedevo la fine del giorno come un momento per affrontare la cupa realtà del luogo dove mi ero ritrovato a vivere. Una parte di me ambiva alla disillusione. Di conseguenza, non vedevo che le nuda ossa del paesaggio.

Ora l’immagine si è rovesciata, come una stampa da negativo. Sono consapevole della struttura sottostante, che però alla luce fioca del crepuscolo diventa sfondo, sul quale spiccano i contorni brillanti del mondo: i giochi di luce nel delicato intrico di rami e ramoscelli; il terreno nudo ma pronto ad essere ricoperto di vegetazione rigogliosa nel volgere di soli cinque mesi; gli sparvieri ed i barbagianni, che pensavo mi avessero abbandonato. Uno psicologo direbbe probabilmente che ho ridato significato al buio.”

Qual è il ruolo dell’umanità nei confronti della Natura? Quello di gestire oculatamente le sue risorse per le generazioni future, si potrebbe rispondere tout court. Ebbene, anche questa posizione risulta ancora incentrata sulla prevalenza antropica e sulla presunzione di una superiorità “amministrativa”, “impiegatizia”, “burocratica” quasi, che dimentica come la biosfera si sia sempre gestita da sola, indipendentemente dalla presenza e dall’incauto intervento umano. Dobbiamo confessare un interesse egoistico nel voler mantenere in vita il nostro pianeta, semplicemente perché costituisce, non solo un molto incerto futuro, ma anche tutto quello che adesso ci resta.

All’enunciato di Henry D. Thoreau: “Nella natura selvaggia sta la salvezza del mondo” (“Walking”, 1851) fa eco l’autore di “Ogni cosa è illuminata”, Jonathan Safran Foer: “Se niente importa, non c’è niente da salvare” (“Se niente importa, perché mangiamo gli animali?”, Guanda, Parma 2010).

Ricordiamoci che l’asso nella manica per la natura è sempre stato proprio l’evento casuale. La conquista del territorio, da parte della vegetazione, persegue una strategia complicata e flessibile in cui ogni partecipante è pronto a dare il meglio come al sacrificio, con dedizione analoga. Forse allora una soluzione più semplice e fatalistica per difenderci da tanta angoscia paralizzante e dall’eccesso di, sia pur giustificate, preoccupazioni, potrebbe consistere nel lasciare che tutto accada e non fare assolutamente nulla.

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Erbe medicinali delle Alpi

Erbe medicinali delle Alpi – Dalle erbe la salute

Frangula – Rhamnus frangula
Habitat: boschi e zone umide submontane e montane.
La frangula è un alberello che cresce frequente nelle brughiere, nei boschi, lungo i corsi d’acqua; misura in media dai 2 ai 4 metri ed ha un portamento che ricorda quello del nocciolo.

Le virtù curative si trovano tutte concentrate nella corteccia della frangula, che, però, va essiccata scrupolosamente perché, altrimenti, potrebbe causare capogiri e vomiti violenti. Il principio attivo più importante è dato dalla “frangulina”, sostanza sovrana nella cura della stitichezza cronica. A differenza di numerosi altri lassativi naturali o artificiali, la corteccia di frangula ha il dono di ridare il tono alle fibre muscolari dell’intestino che viene così ad agire nel modo più naturale. la frangula, inoltre, non è irritante, né crea assuefazione, quindi anche l’uso più prolungato non provoca disturbo alcuno.

Ci troviamo, così, do fronte ad un medicamento indicatissimo nella pulizia intestinale, senza che questa causi i noti dolori di ventre. La frangula è perciò indicata per le donne in attesa di diventar mamme, per le donne nei loro giorni difficili, per chi soffre della dolorosa quanto pericolosa inerzia intestinale, infine per i cardiaci, per i nefritici, per i diabetici e per tutti coloro che hanno il fegato congestionato.

Il decotto si prepara con un cucchiaio di corteccia (5 grammi) che si fa bollire qualche minuto in un bicchiere e mezzo di acqua. Quando il decotto avrà assunto un bel colore caffè si filtra e si beve tiepido con eventuale aggiunta di zucchero prima di coricarsi. Il decotto potrà essere sempre sostituito dalla polvere nella misura di un grammo (una punta di cucchiaio) e messa in un cachet. Di questi cachet se ne possono prendere uno dopo ogni pasto, salvo aumentare gradatamente la dose se gli effetti stentano a manifestarsi.

Ma c’è di più. Non può mancare, infatti, uno squisito vino di frangula in grado di ristorare lo stomaco, di risvegliare la milza e la bile, di rendere più elastico il fegato e più attivo l’intestino. Si prepara mettendo a macerare per dieci giorni in un litro di generoso vino bianco o di marsala 200 grammi di corteccia di frangula, 20 grammi di corteccia di arancio amaro, 5 grami di cannella, 5 grammi di anici stellati e 5 di finocchio. Si filtra, terminato il macero, e si beve a bicchierini dopo i pasti o prima di coricarsi regolando sempre la quantità a seconda della rispondenza dell’organismo.

BIANCOSPINO

Biancospino – Crataegus oxyacantha
Habitat: siepi e boschi dal piano alle zone montane.
A fioritura avanzata è ricoperto da una serie molto elegante di fiorellini bianchi che si raccolgono a manciate, facendo molta attenzione agli spini, si seccano accuratamente al sole e si conservano per il bisogno in sacchetti di carta o di tela.

Questi fiori sono medicamentosi e sono indicati per chi soffre di pressione alta, di arteriosclerosi, di insonnia causata dalle quotidiane tensioni nervose.

Il più usato è l’infuso di biancospino che si prepara al mattino versando mezzo litro di acqua bollente su di un pizzico di fiori. Si lascia riposare circa venti minuti, si cola, si zucchera e si beve a più riprese nel corso della giornata, riservandosene una tazzina, da bersi tiepida, al momento di coricarsi. L’infuso di questo fiore miracoloso è sempre un ottimo calmante, un efficace sonnifero, un toccasana per chi soffre di palpitazioni, di insonnie, di irritabilità, di ronzii alle orecchie, di vampate di calore.

Esso agisce sulla contrazione delle arterie e, tonificando il cuore, favorisce un giusto equilibrio fra pressione sanguigna e forza del polso. Nei casi in cui l’insonnia e l’agitazione perdurino nonostante la cura sopra indicata, se si accusano attacchi isterici, se si è neurastenici o convalescenti o ammalati di cuore, per le donne, infine, in preda ai disturbi dell’età critica, buoni risultati darà l’infuso di biancospino al quale sia stata aggiunta una manciata di “Passiflora”.

Non dà assuefazione e una cura di infuso di biancospino, tonificando il sistema nervoso, garantirà una visione ottima della vita, una mente lucida e sana ed un senso profondo di benessere e di serenità che si gode e si apprezza solo quando si hanno i nervi a posto ed il corpo ha riposato bene a lungo.

BARDANA

Bardana – Arctium lappa
Habitat: zone incolte dal piano monte.
La bardana è un’erba alta più di un metro, ha le foglie slargate e fiorisce nel gran caldo dell’estate con mazzetti di fiorellini rossi. E’ nota, soprattutto ai più giovani, per i suoi frutti, chiamati “petole”, che lanciati sulle persone si appiccicano sulle vesti o sui capelli, di qui il suo nome dialettale di “petolara”.

E’ una pianta decisamente brutta, ma ha, invece, pregi notevoli come pianta diaforetica, diuretica e depurativa, soprattutto quando si è afflitti da foruncoli ed altre eruzioni della pelle che al dolore fastidioso aggiungono una vera e proprio deturpazione della bellezza. In questi casi si usa il decotto, preparato facendo bollire per dieci minuti, in un litro d’acqua, settanta grammi di radice di bardana. Si cola e si beve, nel corso della giornata, il liquido rimasto, possibilmente a stomaco vuoto e ripetendo la cura per almeno cinque o sei giorni.

Con questo decotto, poi, ci si può lavare il viso, ottenendo una pelle delicata e vellutata. La bardana, inoltre, è efficace per gli erpetici, gli artritici, i sofferenti di ingorghi e di calcoli renali. E’ sufficiente prepararsi un decotto con mezzo litro di acqua nel quale siano stati fatti bollire 25 grammi di foglie di bardana e 35 grammi di foglie di salvia. Il decotto va bevuto nel corso della giornata, lontano dai pasti e protraendo la cura per diversi giorni. Le foglie rimaste di questo decotto possono essere utilizzate come impiastri soffrendo di croste o di pruriti anali.

Un impiastro ben caldo di foglie di bardana cotte nel latte ed applicate sulle piaghe le risana velocemente e fa guarire ugualmente la tigna e numerose altre affezioni della pelle. La tisana preparata con mezzo litro di acqua e 25 grammi di radice di bardana, somministrata ai bambini affetti da morbillo nella misura di un cucchiaio ogni cinque minuti, favorisce lo sfogo di questa affezione ed una pronta guarigione.

Contro tutti questi malanni e soprattutto nel caso di affezioni alla pelle, ottimi risultati si ottengono con lo squisito vermut di bardana. Si fa bollire un etto di radici di bardana in mezzo litro d’acqua finché questa si sia ridotta alla metà. Raffreddata che sia, si versa in un litro di vermut e si lascia riposare per quattro o cinque giorni. La cura prevede tre bicchierini … o più di questo delicato e squisito vermut di bardana, di questa negletta e tanto disprezzata erbaccia dalle caratteristiche terapeutiche così importanti.


Mirtillo nero – Vaccinium myrtillus
Habitat: boschi delle zone montane.
Il mirtillo nero è, fra le piante del sottobosco, la più apprezzata e la più conosciuta. I suoi frutti si raccolgono sia per essere consumati subito, sia per essere essiccati e trasformati in efficaci medicinali per l’inverno. Lo stesso avviene per le foglie che contengono degli importanti principi attivi.

Il mirtillo trova la sua più tipica applicazione nei casi di diarree ostinate, di malattie biliari, di enteriti acute, di catarro intestinale, di dissenteria accompagnata da evacuazioni sanguigne.

Contro tutti questi malanni serve il decotto di frutto di mirtillo che si prepara facendo bollire per cinque minuti in mezzo litro d’acqua due o tre manciate di mirtillo, sia fresco che secco. Si filtra e si beve nel corso della giornata, in tre razioni e a stomaco vuoto.
Uguali risultati si ottengono masticando nel corso della giornata una buona manciata di mirtillo secco e perseverando nella cura, fintanto che i disturbi accusati siano scomparsi.

Queste terapie possono essere utilmente sostituite dalla tintura di mirtillo che di è dimostrata anche molto utile in caso di infiammazioni o di afte alla bocca. La tintura si prepara mettendo a macerare, per almeno dieci giorni, tre manciate di bacche di mirtillo in un litro di grappa vecchia. Un cucchiaio di questa tintura, presa in una tazzina d’acqua calda, darà dei risultati veramente sorprendenti.

La pomata di mirtillo cura egregiamente eczemi e pruriti della pelle: si schiacciano i mirtilli, si mettono a bollire finché sia scomparsa l’acqua di evaporazione e sia rimasta una specie di sciroppo molto denso. Questo estratto-pomata va conservato in recipienti ermeticamente chiusi e si usa al bisogno spalmandolo sulla parte malata.

Le foglie di mirtillo, invece, servono a preparare un ottimo tè, utilissimo, preso caldo, nei vomiti, nei crampi allo stomaco e nella debolezza urinaria. Usato freddo ed esternamente questo tè guarisce le infiammazioni agli occhi, lavandoli accuratamente tre volte al giorno ed avendo l’accortezza di far entrare un po’ di liquido negli occhi stessi.

Per concludere, le foglie di mirtillo sono in grado di apportare un sensibile sollievo ai diabetici per una specie di insulina che esse contengono. Si prepara un decotto facendo bollire un cucchiaio di foglie tritate in mezzo litro d’acqua e bevendolo a più riprese nel corso della giornata PREPARAZIONI FARMACEUTICHE CONSIGLIATE: estratto secco nebulizzato e titolato in antocianosidi totali espressi come antocianidine min. 23,2% e max. 26,4% (Farmacopea Italiana X). Il suo dosaggio giornaliero va da 2 a 3 mg. per kg di peso corporeo, suddivisi in due somministrazioni lontano dai pasti. Può essere somministrato anche per lunghi periodi di tempo.

COMPOSIZIONE CHIMICA: è una pianta ricca di antocianine, delle quali almeno sette sono state identificate. Abbondanti sono anche i tannini, che rappresentano circa il 7% del peso della pianta secca, e i flavonoidi.

PROPRIETÀ TERAPEUTICHE: Azione sull’occhio e sui vasi sanguigni: è noto da tempo che l’ estratto secco titolato di mirtillo è in grado di migliorare la visione notturna. Infatti esso facilita la rigenerazione della rodopsina, che è il pigmento retinico essenziale per la visione in condizioni di scarsa luminosità.

La sua utilità a livello oculare non si limita però solo a questo; infatti esso è capace di combattere la fragilità e l’eccessiva permeabilità vasale, mostrando quindi un’azione capillaroprotettiva ormai ben dimostrata sia a livello dei vasi sanguigni della retina sia di quelli periferici. Queste azioni si spiegano col fatto che le antocianine sono capaci di inibire l’attività di alcuni enzimi che distruggono il collageno e i tessuti elastici, quali le elastasi e le collagenasi.

Studi clinici rigorosi dimostrano che gli antocianosidi del Mirtillo riducono i danni ai capillari della retina in modo statisticamente significativo rispetto al placebo in pazienti che soffrono di retinopatia ipertensiva e/o diabetica. Ricerche effettuate su soggetti adulti diabetici hanno dimostrato che la somministrazione per bocca di 300 mg al giorno di estratto secco titolato di mirtillo provoca una significativa riduzione della sintesi del connettivo e del tessuto fibroso in genere. Siccome una delle cause principali della retinopatia diabetica è l’aumentata produzione di connettivo, gli antocianosidi possono essere utili per prevenire la retinopatia diabetica.

Azione protettiva sui vasi venosi: questa azione è dovuta agli antocianosidi presenti nel mirtillo, che si sono dimostrati capaci di inibire l’attività di alcuni enzimi proteolitici capaci di distruggere il collageno e il tessuto elastico, quali le elastasi e le collagenasi, rendendo in tal modo il connettivo più stabile ed elastico. Inoltre gli antocianosidi agiscono positivamente sulla parete dei vasi sanguigni venosi, diminuendo il livello delle glicoproteine in essi accumulate, e favorendo così la normalizzazione della resistenza e dell’elasticità della parete dei vasi.

Azione antiradicalica: gli antocianosidi del mirtillo inibiscono validamente i radicali liberi, essendo in grado di intrappolare quasi tutte le specie radicaliche conosciute. Studi in laboratorio effettuati recentemente hanno dimostrato che l’estratto secco di mirtillo alle dosi indicate prima è in grado di ridurre notevolmente l’ossidazione delle LDL indotta dal rame. E’ ormai noto che è proprio l’ossidazione delle particelle di colesterolo LDL la causa fondamentale della formazione delle placche aterosclerotiche nella parete dei vasi sanguigni. Tale azione è massima dopo circa 60 minuti e rimane su livelli significativi per circa 6 ore.

E’ stato fatto uno studio clinico su un gruppo di 8 volontari sani, di età compresa tra i 38 e i 54 anni e di entrambi i sessi, per valutare l’effetto dell’estratto di mirtillo sulle difese antiossidanti dell’organismo dopo il pasto. I soggetti consumavano per 7 giorni una dieta ricca di grassi e, al settimo giorno, si somministrava loro l’estratto di mirtillo alla dose di 3 mg per kg di peso. A partire da 60 minuti dopo tale somministrazione e per le successive 4 ore si prelevava il sangue venoso per la valutazione delle difese antiossidanti dell’organismo. Si è visto che il mirtillo incrementava le difese suddette dell’8,5% dopo 1 ora e del 15% dopo 4 ore.

Azione antidiarroica e anticistitica: recentemente si è scoperto che gli antocianosidi del mirtillo inibiscono l’adesione dei colibacilli alla parete dell’intestino e della vescica, fornendo così una spiegazione al loro uso come antidiarroici e disinfettanti urinari.
Sono stati fatti 13 studi clinici rigorosi per valutare l’efficacia e la tollerabilità del Mirtillo sulle infezioni vescicali. Gli studi clinici presenti in letteratura sono stati fatti parte con l’estratto secco di mirtillo titolato in antocianosidi e parte col succo di mirtillo. Questi ultimi sono la maggioranza. La dose media di estratto secco usata in questi studi era di 140 mg al giorno.

10 studi indicano una superiorità dell’estratto del mirtillo rispetto al placebo nel trattamento e/o nella prevenzione delle infezioni vescicali.

Tutti gli studi concordano nel dire che il fitocomplesso del Vaccinium myrtillus non ha azione antibatterica sua propria, ma è solamente in grado di ostacolare l’adesione dei germi alla vescica. Un altro studio ha dimostrato che il mirtillo non solo è in grado di ridurre l’adesione dei batteri alle cellule vescicali ma è anche capace di provocare il distacco di circa il 70% dei batteri già precedentemente attaccati alle cellule vescicali.

Considerato tutto ciò si può dire che questa pianta è particolarmente indicata nel trattamento dei disturbi circolatori specie di origine venosa e in tutti i casi di fragilità capillare, in particolare a carico della retina. E’ anche utile nel trattamento delle coliche dolorose addominali, della diarrea e delle cistiti.

• Indicazioni principali: fragilità capillare, in particolare a livello del microcircolo della retina, insufficienza veno-linfatica, infezioni delle vie urinarie inferiori in particolare vescicali, diarrea.
• Azione prevalente: capillaroprotettiva e antiossidante.
• Altre azioni: antiaggregante piastrinica, cardioprotettiva, anti-infettiva urinaria, antidiarroica.
EFFETTI COLLATERALI: nessuno degno di nota.
CONTROINDICAZIONI: l’estratto di mirtillo può favorire la formazione di calcoli renali da ossalati e da fosfati di calcio, per cui va usato con cautela in pazienti con problemi di calcoli ai reni.
INTERAZIONI CON FARMACI: non note.
DATI TOSSICOLOGICI: negli studi effettuati sugli animali non è stato finora possibile raggiungere la dose letale per via orale, confermando così la scarsissima tossicità di questo estratto.

Chimica dei digitalis

Struttura chimica della digossina
(Digitale lanata: La pianta)

Digossina. Farmaco estratto dalla digitale lanata: agisce aumentando la forza e la velocità di contrazione delle fibre del cuore. Per somministrazione endovenosa determina una vasocostrizione generale, che produce, per azione diretta sul tubulo renale, una maggiore perdita di sodio. È indicata nelle cardiopatie con fibrillazione atriale ed elevata risposta ventricolare, nello scompenso cardiaco, nell’ipertensione, nelle coronaropatie e valvulopatie.

La posologia, individualizzata per ogni paziente, deve essere seguita con attenzione per evitare l’intossicazione digitalica, molto frequente e grave soprattutto nei pazienti a rischio (cardiopatici in età avanzata). I sintomi sono: anoressia, nausea, vomito, cefalea, confusione mentale, delirio, parestesie, bradicardia, disturbi della conduzione atrioventricolare.

Il trattamento disintossicante consiste nella sospensione del farmaco e nella somministrazione di colestiramina, che interferisce nell’assorbimento. Gli effetti collaterali normali sono rari: ginecomastia, allergia con eruzioni cutanee. L’assorbimento è diminuito da antibiotici, colestiramina, ciclofosfamide, resine a scambio ionico, antiacidi. Gli antipiretici ne aumentano il metabolismo.


Arctostaphylos uva-ursi
FAMIGLIA: Ericaceae

HABITAT: è tipica delle zone montagnose dell’emisfero nord, dove preferisce posizioni parzialmente soleggiate con terreno acido.
PARTE USATA: le foglie.

PREPARAZIONI FARMACEUTICHE CONSIGLIATE: estratto secco nebulizzato e titolato in arbutina min. 10% (Farm. Fr. X), la cui dose giornaliera va da 7 a 10 mg. per kg di peso corporeo, suddivisi in due somministrazioni preferibilmente lontano dai pasti.

COMPOSIZIONE CHIMICA: i principi attivi principali sono degli eterosidi fenolici, rappresentati soprattutto dall’arbutina e dalla metil-arbutina. L’arbutina viene poi trasformata in idrochinone nel grosso intestino. Sono anche presenti dei flavonoidi, dei triterpeni e un iridoide.

PROPRIETÀ TERAPEUTICHE: Azione antisettica urinaria: questa pianta viene usata come disinfettante delle vie urinarie, dal momento che l’idrochinone, dotato di spiccata azione antibatterica, subisce nel fegato alcune trasformazioni e poi viene eliminato per via renale, concentrandosi quindi nelle urine.

L’azione disinfettante urinaria dell’idrochinone richiede, per manifestarsi nel modo migliore, un pH alcalino delle urine e una concentrazione sufficiente di principio attivo. Il miglior alcalinizzante urinario da usare assieme a questa pianta è il bicarbonato di sodio.

Alcuni studi clinici hanno confermato l’azione antisettica urinaria su pazienti con cistiti non complicate, che prendevano per bocca l’estratto secco titolato di uva ursina per 2 settimane. Al termine delle sperimentazioni si è notato che circa il 50% degli esami batteriologici sulle urine erano diventati negativi nei gruppi trattati con l’estratto, mentre in quelli che ricevevano il placebo solo il 5% degli esami batteriologici era negativo.

Azione diuretica: nel ratto la somministrazione di estratto secco titolato di uva ursina per bocca ha provocato un significativo aumento dell’eliminazione renale di acqua, sodio, cloro e acido urico in confronto al placebo.

Parti usate: le foglie

Principi attivi: tannini, resine, saponine, glucosidi, flavonoidi, acido ursolico, sali potassici